A cura: Moreno Biagioni
Parola d’ordine, a tutti i livelli: riconvertire e riconvertirsi
Il NO alla guerra, fondamentale, deve intrecciarsi con le altrettanto indispensabili azioni per far fronte alla crisi ambientale e climatica.
Non si tratta di mettere in atto qualche misura emergenziale, da cui magari tornare indietro non appena vi sono accenni di un temporaneo rallentamento della crisi in corso, quanto piuttosto – naturalmente insieme ai provvedimenti di carattere generale (che siamo ben lontani dal vedere in via di attuazione) – di abbandonare modi di vita e abitudini consolidate.
Da un lato, quindi, occorre una svolta profonda sul terreno energetico, volta a sviluppare le energie rinnovabili ed a porre fine in tempi brevissimi all’uso dei combustibili fossili, del gas, del metano, senza, peraltro, tornare al nucleare, una svolta di cui vi sono stati solo, da parte del Governo, alcuni timidi ed insufficienti accenni.
E’ necessario un forte movimento popolare che riesca ad imporre le scelte necessarie a livello istituzionale e che, nel contempo, costruisca un pensiero nuovo in grado di proporre modalità di vita diverse.
Va recuperato e dato il giusto valore al ruolo delle piccole comunità (di paese, di quartiere, di caseggiato), le uniche che possono veramente cercare di far diventare egemone, attraverso un confronto serrato, tale pensiero nuovo.
Risulta indispensabile uscire dalla logica che ha portato ai grandi centri commerciali per tornare alla dimensione dei negozi di vicinato, ai prodotti a chilometrozero, ai piccoli cinema rionali, parrocchiali e laici, alla realtà del quartiere.
In altre parole, vanno riportate a livello di massa le modalità “di nicchia” di piccolissime minoranze – che nei GAS (Gruppi di Acquisto Solidale), ad esempio, attuano le buone pratiche degli acquisti di prodotti alimentari, possibilmente biologici, nel territorio circostante, direttamente alle fonti -.
A volte, e questo è il caso, occorre, per andare avanti, fare parecchi passi indietro.
Riscoprire, per chi le ha vissute negli anni ‘40 e ‘50, le piccole dimensioni rionali sarà indubbiamente piacevole.
Ma anche scoprirle per la prima volta, per chi è cresciuto in una realtà del tutto diversa, potrà aprire nuove possibilità.
Della riconversione ecologica, accanto a tutto ciò che riguarda l’industria, i trasporti, le abitazioni,
fanno parte anche questi aspetti ed è indispensabile cominciare ad affrontarli.
L’associazionismo con articolazioni territoriali, penso in primo luogo all’ARCI, può – deve – avere un ruolo importante in tutto questo, stimolando e favorendo la realizzazione di piccole comunità, offrendo spazi per i necessari incontri, promuovendo dibattiti e confronti che portino a sviluppare nuovi modi di pensare ed una nuova cultura, in sintonia con i cambiamenti da portare avanti.
Ed anche le istituzioni dovrebbero riprendere un compito svolto in passato – prima del prevalere dell’aspetto decisionale su quello partecipativo – con l’intento di ampliare la partecipazione dei cittadini e delle cittadine al governo della “cosa pubblica” e dei beni comuni, nell’ottica, appunto, di un coinvolgimento, il più ampio possibile, della popolazione nei processi di riconversione, difficilmente realizzabili se imposti dall’alto o se patrimonio di gruppi ristretti.
Con tali processi dovranno misurarsi le forze politiche, i movimenti delle donne, a cominciare da Non Una di Meno, quelli ambientalisti (Fridays for future, Extincion Rebellion …), quelli partiti da vertenze particolari che poi hanno assunto valenze generali (i lavoratori e le lavoratrici della GKN, i NO TAV …), quelli che si rifanno ai valori dell’antifascismo, dell’antirazzismo, dell’antisessismo, quelli che cercano di far convergere esperienze ed iniziative diverse (come sta facendo la Società della Cura, che ha l’obiettivo di assumere la cura delle altre persone, dell’ambiente, di se stessi – e non più il profitto – come punto di riferimento delle azioni individuali e collettive).
Si ripropone il vecchio motto ambientalista “pensare globalmente e agire localmente”: da un lato, infatti, abbiamo l’utopia di una concezione del mondo che superi i sovranismi e le visioni identitarie delle piccole patrie nazionali (l’utopia che ci indica la direzione da prendere, il cammino su cui procedere), un’utopia portata avanti dalla Costituente della Terra, un soggetto promosso in prima istanza da Luigi Ferrajoli. Domenico Gallo, Maria Luisa Boccia, dall’altra l’operare nei vari territori per rendere concreto, passo dopo passo, tale cammino, attuando quanto è necessario per la riconversione ecologica.
E’ un percorso difficile, irto di sbarramenti posti dalle multinazionali, dai potentati che agiscono per gli utili immediati senza pensare alle prospettive future, dai produttori e dai commercianti di armi, dai “signori della guerra”, dagli ideologi del neo-liberismo e della concorrenza, dal capitalismo che si presenta con volti diversi ma che mantiene il profitto come sua unica bussola.
Dall’altra parte ci sono le esperienze solidali, i movimenti che cercano di portare avanti le idee e le elaborazioni dei Social Forum della fine del secolo scorso e degli inizi degli anni 2000, coloro che conducono quotidianamente le lotte per i diritti sociali e civili, le iniziative di democrazia partecipativa e diretta, le realtà che tentano di dare voce e protagonismo agli emarginati ed agli esclusi, chi mette la cultura al servizio delle istanze di cambiamento e di progresso.
E’ ancora una volta Davide contro Golia, un Golia assai più forte e gigantesco di quello biblico.
Ma forse l’immagine più adatta è quella di Sisifo, un Sisifo felice di dare la scalata al cielo, nonostante le molte ricadute in basso mentre credeva di aver raggiunto la meta, e di assumere un ruolo protagonista nell’azione per la sopravvivenza del pianeta, cominciando, mentre continua la lotta – il tentativo di giungere sulla vetta -, a cambiare abitudini e comportamenti nella propria vita quotidiana.
Per chi ritiene che occorra cercare di assicurare un futuro all’umanità, si tratta di un percorso obbligato, fatto sia di iniziative per cambiare le politiche generali che di scelte individuali.
Penso che valga la pena di provarci.